Overtourism, ecco le aree italiane più a rischio. Rimini, Venezia e Bolzano sul podio

La regina dell'estate, Rimini, la meta forse più sognata del mondo, Venezia e una destinazione solo apparentemente sorprendente, Bolzano. Sono le tre aree che per il secondo anno consecutivo occupano il podio delle destinazioni più esposte all’iperturismo – o overtourism – come appaiono nella mappa dell’Indice complessivo di sovraffollamento turistico elaborata ogni anno dall’Istituto Demoskopika.
Perché Bolzano (e Livorno o Trento)Come detto la sorpresa è solo apparente, perché l’analisi è elaborata a livello provinciale, per cui Bolzano “partecipa” assieme al suo contorno dolomitico, termale e lacustre… Continuando a scorrere la top ten, si trovano nell’ordine Livorno (stesso discorso in chiave marina); Napoli, Milano, Trento (vedi sopra), Roma, Verona e, forse la più sorprendente tra le dieci, Trieste.
L’indice viene elaborato sulla base di cinque indicatori: la densità turistica, data dal rapporto tra presenze turistiche ed estensione territoriale (della provincia, come detto); la densità ricettiva, che è il quoziente tra posti letto ed estensione territoriale; l’intensità turistica, ovvero il rapporto tra presenze turistiche e numero residenti; l’indice di utilizzazione lorda (dei posti letto disponibili), data dall’utilizzo medio in percentuale dei posti letto nell’arco dell’anno; la quota di rifiuti urbani prodotta dai turisti rispetto a quella dei residenti. Da questi parametri scaturiscono degli indici di sovraffollamento classificati come molto alto, alto, moderato, basso e molto basso. Le prime dieci della classifica, hanno un livello di affollamento turistico classificato come “molto alto”, mentre l’anno scorso solo le top 7 raggiungevano questo livello di insostenibilità.
Dieci province a livello “molto alto”Al livello "Alto" dell'indice si collocano poi i sistemi turistici provinciali di Aosta, Firenze e Siena, dove la pressione turistica resta marcata, con impatti significativi sulle risorse locali. All'estremo opposto, invece, restano Rieti, Benevento, Reggio Calabria, Isernia, Avellino e Campobasso che si confermano ai margini del turismo di massa: lì il sovraffollamento resta meno significativo, con effetti contenuti su infrastrutture e qualità della vita.

Rimini
(fotogramma)A colpire, tra gli indicatori di dettaglio, sono soprattutto i dati su densità e intensità turistica, che evidenziano le aree a più alta concentrazione di pressione antropica. Rimini e Venezia svettano nella classifica per densità turistica, con rispettivamente oltre 17mila e quasi 16mila presenze per chilometro quadrato.
Le classifiche “parziali”Sempre Rimini detiene anche il primato nazionale per produzione pro capite di rifiuti urbani legati al turismo: 76,8 chilogrammi per turista, a fronte degli appena 0,5 chilogrammi registrati a Benevento. Sul versante dell'intensità turistica, ovvero il rapporto tra presenze e popolazione residente, si conferma al primo posto Bolzano, con quasi 69 turisti per abitante, seguita da Venezia con quasi 47 turisti per abitante. In coda, invece, Lodi, Avellino e Benevento. Sul versante dell’intensità turistica, ovvero il rapporto tra presenze e popolazione residente, si conferma al primo posto Bolzano, con quasi 69 turisti per abitante, seguita da Venezia con quasi 47 turisti per abitante. In coda, invece, Lodi, Avellino e Benevento.

«L’overtourism – avvertono i ricercatori di Demoskopika – non è più soltanto una sfida, ma è una priorità che investe la sostenibilità delle destinazioni italiane. Non riguarda solo l’esperienza del turista, ma condiziona anche la qualità di vita delle comunità locali. L’aumento del sovraffollamento è un campanello d’allarme che impone interventi urgenti e strategici: dalla regolazione dei flussi nei periodi di punta alla promozione di mete alternative, fino a incentivare in modo più efficace i viaggi lungo tutto l’arco dell’anno, valorizzando anche i mesi tradizionalmente meno turistici. Agire ora – concludono gli autori dello studio – è l’unica strada per garantire che il turismo resti una risorsa e non si trasformi in un fattore di crisi per i territori e per le generazioni future».
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