Moda uomo, cala l’export extra Ue, ma non in Usa. La sfida di Pitti: spingere la ripartenza

Il 2025 si conferma un anno critico per la moda italiana, inclusa quella maschile. Settore che, a fine anno, registrerà presumibilmente un rallentamento rispetto al già difficile 2024. I dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda su base Istat, diffusi in occasione della presentazione di Pitti Uomo 109, raccontano di una prima parte dell’anno - i primi sette mesi - in cui l’export ha registrato un calo del 3,2% su base annua, scendendo a 5,3 miliardi, affossato dal calo del -7,8% dell’export verso Paesi extra-europei, che mantiene la quota più pesante sul totale dell’export (52,2%). Di contro, le esportazioni verso i mercati comunitari sono salite del 2,4 per cento. Sempre nei primi sette mesi dell’anno le aziende italiane hanno fatto scorta, forse anche per il timore delle ripercussioni dei dazi americani sui costi delle merci, con l’import in crescita del +5,5% a 3,8 miliardi di euro, con gli acquisti da Paesi extracomunitari in salita di quasi il 16 per cento. I primi fornitori sono Bangladesh (+23,3%), Cina (+27%) e Spagna (+13,9%).
In - o forse nonostante - questo contesto sfidante, il 13 gennaio 2026 si aprirà l’edizione numero 109 di Pitti Uomo che, ricorda il presidente Antonio De Matteis «in questa situazione non facile per problemi politici ed economici a livello internazionale, rimane un punto di riferimento per i buyer più importanti al mondo. La scorsa edizione invernale abbiamo registrato 20mila visitatori, di cui 13mila buyer (5mila stranieri, ndr) e continuiamo ad avere molte adesioni da parte dei brand: al momento siamo a quota 730, di cui il 44 internazionali». Per De Matteis «è importante rinnovarsi continuamente ed è quello che Pitti continua a fare con le sue manifestazioni: è dai nuovi brand, anche piccoli, che può arrivare la spinta vera alla ripresa della moda made in Italy. Una spinta dalla quale anche i grandi marchi possono trarre benefici».
Tra le novità dell’edizione di gennaio di Pitti Uomo - che tra i guest designer ospiterà Soshiotsuki, Hed Mayner e Shinyakozuka - c’è l’area HiBeauty che riunisce dieci marchi di profumeria di ricerca sulla scia del successo della manifestazione Pitti Fragranze di settembre che ha registrato il 34% in più di visitatori rispetto alla precedente.
Tornando all’export - tema che si lega a doppio filo a quello delle presenze di compratori stranieri a Pitti -, nei primi sette mesi dell’anno la Francia (+1%) si conferma primo mercato di sbocco per la moda maschile italiana; gli Usa sono il secondo mercato con il 10,5% dell’export e, tra gennaio e luglio 2025, hanno registrato una crescita del +6,5 per cento. A livello extra europeo, cresce l’export verso gli Emirati mentre la Cina evidenzia un’inversione di tendenza, con un calo del - 18,4% che porta il valore dell’export a 363 milioni di euro, pari al 6,8% del totale. In flessione anche Germania, Spagna, Regno Unito e Svizzera, hub logistico dei gruppi del lusso che si confermano appunto in forte rallentamento. Guardando alle categorie di prodotto, invece, l’unico segmento in crescita è quello dell’abbigliamento in pelle (+8%) mentre cala la maglieria esterna. «La moda italiana richiede oggi una attenzione particolare. I dati sono significativi: nel 2024 abbiamo registrato un calo delle esportazioni del 4% con un -3% nei primi sette mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno - ha detto Matteo Zoppas, presidente di Ice -. Numeri che confermano una criticità e che ci spingono a continuare un importante lavoro sul settore. Quello che emerge dall’analisi dei dati è uno scenario a due velocità: accanto ad aziende in forte difficoltà ve ne sono altre che riescono a tenere e, in alcuni casi, a crescere. Come si vede, il quadro è complesso e richiede risposte mirate e differenziate. Il Governo ha dimostrato piena consapevolezza di questa urgenza con l’apertura di due tavoli sulla moda promossi dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso». Tavoli che Raffaello Napoleone, ad di Pitti, ha definito «più concreti rispetto a quelli del passato. È apprezzabile il coordinamento tra ministeri».
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