Maria Antonietta, storia e stile di una regina fra eleganza e tragedia


Marie Antoinette regina di Francia per poco meno di vent’anni, regina dello stile e della moda per secoli. Morta a 37 anni sulla ghigliottina, ha continuato a vivere come simbolo e resta ispirazione eterna per designer, artisti, registi e stilisti. Il Victoria & Albert Museum di Londra dedica oggi una mostra all’arciduchessa austriaca diventata una delle regine più chiacchierate e fraintese, più perseguitate e incomprese della storia.
Encomiabile perché evita i cliché apocrifi della storia (come la famigerata, ma mai pronunciata frase, «se non hanno pane, che mangino brioche») la mostra è altrettanto ammirevole nel presentare la “vera” Marie Antoinette. La prima parte della mostra, di gran lunga la più straordinaria, ci riporta alla sua epoca, con abiti, gioielli, mobili, ventagli e altri oggetti appartenuti alla regina, come la sua scatola portagioie, la sua poltroncina preferita o la sua arpa, alcuni dei quali non erano mai stati esposti. Molti oggetti, andati dispersi nel caos della Rivoluzione francese, sono riuniti qui per la prima volta.
«Tutti gli occhi saranno su di te», scrisse l’imperatrice Maria Teresa alla figlia quattordicenne spedita a sposare il delfino di Francia. E così fu: occhi curiosi, occhi invidiosi, occhi malevoli. La giovanissima principessa, però, invece di seguire le regole e conformarsi alla moda dell’epoca decise di creare il proprio stile. Versailles diventò il suo palcoscenico, sul quale mostrare abiti straordinari, creazioni di seta ricamata e ornata di nastri e fiocchi, acconciature che diventarono sempre più complesse e ricercate, scarpette di seta decorate con fibbie di diamanti.
Il V&A mostra tutta una serie di abiti dell’epoca, in seta cangiante à la française, più voluminosi à la polonaise, più sobri a righe à l’anglaise. E i gioielli, cascate di diamanti, le voluminose acconciature di capelli con imbottiture e decorazioni, i preziosi ventagli.
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Poi il cambio di stile: Marie Antoinette, che aveva trovato il suo rifugio nel mondo finto bucolico del Petit Trianon, decise di optare per un look più semplice: un nastro nei capelli sciolti, un cappello di paglia, un abito di mussolina bianca. Lo stesso indossato in un ritratto di Elizabeth Vigée Le Brun del 1783 che all’epoca suscitò un grande scandalo (“la regina in déshabillé!” gridarono i benpensanti) ma la chemise à la reine diventò il massimo dell’eleganza. Altrettanto per le sue scelte per gli interni, come le porcellane decorate a fiorellini o la toile de jouy. L’esempio della regina, influencer ante litteram, fu seguito da tutti.
Oltre al suo ruolo di maestra di stile, la mostra rivela anche aspetti meno noti della regina, come la sua passione per la musica, la sua abilità nel suonare l’arpa e il pianoforte e il sostegno dato a compositori e musicisti dell’epoca, tra cui il cavaliere de Saint-George, mulatto figlio di una schiava, o la sua determinazione ad allattare i suoi figli invece di consegnarli a una nutrice, esempio poi seguito dalle donne di corte.
Dai colori pastello, dalle sete cangianti e dai diamanti delle prime sale si passa attraverso un corridoio colore rosso sangue a una buia sala circolare che ricorda la fine di Marie Antoinette, vittima prima dei maldicenti e poi della rivoluzione. In mostra la semplice chemise di cotone bianco che la regina indossò in carcere, il suo ultimo disperato messaggio scritto la mattina della sua esecuzione («Mio Dio, abbi pietà di me, i miei occhi non hanno più lacrime da piangere per voi, miei poveri figli, addio, addio….», una ciocca dei suoi capelli biondi in un medaglione di cristallo assieme ai capelli del figlio e un rarissimo e agghiacciante reperto, la lama della ghigliottina che le tagliò la testa il 16 ottobre 1793.
La seconda parte della mostra riguarda la prima espressione di quello che è diventato il culto di Marie Antoinette, quando l’imperatrice Eugenia nel 1867 aveva organizzato la prima mostra a lei dedicata al Petit Trianon e aveva imitato il suo stile negli abiti e nell’arredamento.
La terza parte è dedicata alle interpretazioni moderne dello stile della regina in oltre trenta film, serie televisive o collezioni di moda. Dal celebre film di Sofia Coppola (con scarpe create da Manolo Blahnik, sponsor della mostra e dichiarato fervente ammiratore di Marie Antoinette) alla recente serie televisiva di Netflix, e anche sulle passerelle di numerosi stilisti, da Moschino con i suoi abiti-torta a Vivienne Westwood con le sue crinoline reinventate, dalla collezione ispirata alla Rivoluzione francese di Dior del 2006 all’abito Petit Trianon creato da Karl Lagerfeld per Chanel fino all’abito floreale di ispirazione settecentesca creato da Alessandro Michele per Valentino Haute Couture 2025. Al centro dell’ultima sala della mostra la Marquise Masquée, uno spettacolare abito del 1998 di John Galliano per Dior ispirato alla regina. «Abbiamo fatto un bel sogno», scrisse Marie Antoinette poco prima della morte. Il bel sogno continua, nelle sale del V&A.
“Marie Antoinette Style”, V&A South Kensington, Londra, fino al 22 marzo 2026. www.vam.ac.uk/exhibitions/marie-antoinette
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