L'Università Pedagogica attua l'elezione del suo rettore tramite voto popolare, una misura controversa già attuata da altre istituzioni e che desta allarme.

Il Consiglio superiore dell'Università pedagogica della Colombia ha approvato delle modifiche allo statuto per modificare il modo in cui l'istituzione nomina il suo rettore: d'ora in poi sarà eletto tramite voto popolare della comunità accademica.
Con questo, l'istituzione si unisce ad altre che hanno deciso di seguire lo stesso percorso, come è successo lo scorso anno con l'Università Distrettuale (attualmente in fase di selezione) e l'Università di Nariño.
Si tratta di un meccanismo controverso che ha ricevuto l'approvazione non solo del movimento studentesco (che da anni chiede elezioni democratiche per i rettori) , ma è stato ampiamente sostenuto anche dall'attuale governo del presidente Gustavo Petro.
Di fatto, è stato proprio questo meccanismo che i rappresentanti del governo (tra cui l'ex ministra dell'Istruzione Aurora Vergara) hanno difeso l'anno scorso nel processo di elezione del rettore dell'Università Nazionale, che ha portato all'annullamento della nomina di José Ismael Peña, alla successiva nomina di Leopoldo Múnera (il candidato con il maggior numero di voti nel referendum universitario) e al processo giudiziario attualmente in corso presso il Consiglio di Stato.
Alcuni analisti consultati da EL TIEMPO, come Francisco Cajiao, sostengono che l'elezione popolare nelle università è diventata una delle priorità del governo nelle università pubbliche del Paese, da qui le continue controversie sorte negli ultimi due anni in merito alla nomina dei rettori di diversi centri educativi, dove l'esecutivo ha svolto un ruolo di primo piano.
Per questi esperti del settore, modificare i meccanismi di elezione dei rettori nelle università pubbliche, sebbene possa sembrare una buona idea nello spirito di "democratizzazione" delle istituzioni, sarebbe per loro dannoso.
È questa la visione di Carlos Mario Lopera, direttore dell'Osservatorio universitario colombiano, che ha scritto di recente: "Trasformare l'elezione del rettore in una questione di maggioranze e democrazia significa dare priorità agli slogan rispetto alle argomentazioni, alle campagne mediatiche rispetto ai dibattiti intellettuali, alle passioni rispetto alla ragione e alla divisione della comunità universitaria rispetto all'unità".
Per questo e altri analisti (tra cui ex rettori consultati da questo giornale), la carica di rettore è una posizione che, più della popolarità, richiede merito accademico, conoscenza del settore dell'istruzione e del funzionamento interno delle istituzioni, quindi lasciarla nelle mani dei candidati più popolari non implica necessariamente l'elezione del più capace.
Lopera, ad esempio, individua chiari rischi in questa metodologia: "Perverte l'essenza meritocratica dell'Università e la trasforma in un luogo di politica, legando l'accademia agli interessi di una presunta maggioranza, ma contro gli interessi dell'istituzione nel suo complesso".
E aggiunge che questo "apre la strada al clientelismo politico, alla nomina di direttori accademici come quote burocratiche e alle più sfacciate espressioni di compravendita di voti".
MATEO CHACÓN - SOTTOREDATTORE DI LIFE TODAY
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